Ieri sera c’è stata la prima serata del Festival di Sanremo, che – che ne vogliate o no – è ciò che più di tradizionalista e italiano passa in tv. Esagerato, pieno di luoghi comini e di siparietti che dovrebbero essere divertenti ma in realtà sono imbarazzanti e non fanno ridere nessuno, con cache esagerati e tremendamente lungo. Sì perché quando alle 23.00 hanno cantato solo in 5 dei 13 cantanti che si devono esibire inizia a venirti il dubbio se dovrai fare after con Amadeus e Fiorello che se la cantano e se la suonano. Però alla fine, nonostante questo, Sanremo si guarda. Forse perché si spera sempre di scoprire delle canzoni che ci facciano dire che ne vale la pena di essersi sorbiti tutto questo spettacolo, per un’emozione nuova, perché alla fine è questo il bello della musica. È questo che dovrebbe celebrare il festival.
A me ad esempio piacciono gli occhi dei cantanti che si esibiscono perché Sanremo è Sanremo, e non credo che ci sia alcun artista – anche quello che fa il più gradasso e dice che lui non si omologa a queste cose italiane – che non desidererebbe salire sul palco dell’Ariston, così intriso di storia e di emozioni.
Quindi ora vi racconto le mie di emozioni di ieri sera – io che ieri ho commentato la serata con gli amici praticamente in dieci chat di whatsapp perché si sa, Sanremo lo guardano tutti.
Ve lo dico subito: non sarò imparziale.
La serata di apre ovviamente con le nuove proposte, e ci sono due cose che mi colpiscono. La prima è il fatto che un cantante si chiami Gaudiano. La seconda è un tale Folcast che delicatamente ci dice “Scopriti, che fuori non piove, non fa neanche freddo e batte forte il sole.” L’ho riascoltata dieci volte stamattina. Meravigliosa.
I due giovani comunque sono poi passati alla finale per le nuove proposte, eliminando così gli altri due concorrenti: Elena Faggi e Avincola.
Dopo di che vediamo salire sul palco Diodato, un bellissimo deja-vu, che mi fa sempre emozionare e ci ricorda che l’ultima scena serena del 2020 è stato Bugo che ha abbandonato il palco l’anno scorso.
Cominciano i big. Cominciamo con Arisa che non si capisce bene perché abbia delle unghie chilometriche e cosa abbia fra i capelli, però la sua voce mi incanta, sempre. Andiamo avanti con Colapesce e De Martino che non è che mi abbiano colpito più di tanto, ma ho apprezzato l’entusiasmo.
Poi abbiamo Aiello, un mix fra le sonorità di Mahmood e Mengoni con qualche grido in più forse uscito un po’ male, ma Mahmood e Mengoni già ce li abbiamo e ci piacciono così, però voglio dargli fiducia e aspetto un’altra esibizione.
Arrivano Francesca Michelin e Fedez sul palco con un nastro che li divide, forse uno dei gradi di separazione della Michelin. La canzone è carina, lei con una presenza scenica importante, lui emozionatissimo. Però l’autotune a Sanremo no.
È il momento di Max Gazzè, che all’inizio sembrava vestito da mago Merlino, poi ho capito che era Leonardo, accompagnato dalla Trifluoperazina Monstery band che ci canta Il farmacista. Diciamo che non mi ha entusiasmato più di tanto sul momento, però voglio dare fiducia anche a lui perché Max Gazzè mi piace molto e le sue canzoni spesso hanno bisogno di un secondo ascolto per essere capite pienamente.
Da qui c’è un momento importantissimo: arriva Loredana Bertè che ci fa uno dei suoi medley che se non avete ballato in camera come me non possiamo essere amici. Ce le canta tutte. Non sono una signora, Dedicato – che è la mia preferita – Sei bellissima. E poi, ci propone un pezzone di quelli che non dimentichi facilmente. Lei, meravigliosamente non arresa all’età che avanza, con i capelli blu e le farfalle in testa, palesemente in un playback che le è riuscito male ci canta “Figlia di Loredana” ed è subito tormentone che scala le classifiche.
Ora arriva il vero momento di non essere imparziale. Scende lei, con la sua voce calda, bellissima, padrona del palco, Noemi. Ci canta Glicine e finalmente riconosco la magia della musica in questa serata. Sarà che io per deformazione la amo a prescindere, perché tutte le volte che ho cantato in qualche provino – da cui sono stata poi sempre brutalmente respinta- , tutte le volte che mi sono esibita in qualche serata, io portavo lei come cavallo di battaglia. Per anni amici e conoscenti mi hanno detto “Io quando sento Noemi penso sempre a te” o anche “Io Noemi non l’ascolto, questa canzone l’ho sentita cantare solo da te”. Ieri mi hanno anche scritto per dirmi “La vedo e ti penso”. Oramai è deformazione, sarà che “Sono solo parole” era la mia canzone preferita e l’anno che l’ha portata a Sanremo si è fermato il mondo la prima volta che l’ho sentita ed ho capito che era la mia, sarà che “Per tutta la vita” è la prima canzone che ho cantato su un palco da sola una sera d’estate di dieci anni fa, sarà che “L’amore si odia” – con l’altro mostro sacro della Mannoia – è il duetto che mi riesce meglio, sarà che Noemi studiava canto in una scuola che conoscevo, sarà che è romana, però io ogni volta che la vedo mi emoziono. Se poi canta una canzone come Glicine, mi emoziono ancora di più. Quando a fine serata infatti l’ho vista seconda ad Annalisa ho scelto di tacere perché non ci potevo credere. Per carità, bravissima Annalisa, ma per me le canzoni non hanno paragone. Ma poi in che senso “Baci francesi delivery?” Annalì che stai a di? Però è carina anche lei dai.

Comunque dopo questa forte emozione e questo revival in cui in una vita parallela io sono una diva – lo sono anche in questa dai, ma sono più moderata – arriva sul palco Madame. Vi devo dire, non la conoscevo, e sinceramente non credo di esseri persa un granché in questa vita, però voglio dare speranza anche a lei, perché ad un secondo ascolto stamattina l’ho apprezzata di più.
Poi arrivano loro. I Maneskin. Damiano sempre straordinario, eclettico, nero, sensuale, che delicatissimo e senza paura ci dice “Vi conviene toccarvi i coglioni” in una canzone che è il grido di una generazione arrabbiata. Però se tutto ciò succede dopo che arriva sul palco Achille Lauro con i tacchi a fare le sue scene mi dispiace, perdi 4 a 0. Però loro comunque sono sempre al top, presenza scenica, canzone che va da sola. Mi piacciono molto.
Si perché non vi ho detto che nel frattempo si è esibito Achille Lauro che sarà ospite fisso di tutte le serate, lui che a volte non si capisce cosa voglia dire, lui che per non omologarsi sembra omologarsi più di tutti, lui che sai che ti stupirà ma alla fine ti stupisce più di quanto ti aspetti. Dice che fa arte, che esprime sè stesso e che “Esistere è essere. Essere è diritto di ognuno. Dio benedica chi è.”. Io non lo so se è vero o fa scena, se se la canta e se la suona, eppure, mi piace. Tantissimo. E c’ha ragione.
Ghemon ragazzi non l’ho capito bene, mi viene da dire solo che la canzone è carina ma non mi ha entusiasmato.
Poi secondo me c’è stato un momento romanticissimo. A prescindere dall’intonazione che a quanto pare negli ultimi anni è un optional per andare al Festival di Sanremo –i Coma Cose erano dolcissimi. Non hanno smesso un attimo di guardarsi negli occhi e di cantarsi l’amore. Quindi l’esibizione mi è piaciuta molto.
Di Annalisa abbiamo ampiamente parlato. Poi c’è stato Francesco Renga che per i primi 30 secondi non ho capito cosa ha detto. Bisbigliava. Ok Francè se la prossima volta vuoi farci capire quello che dici batti un colpo così ci divertiamo anche noi.
Poi arriva Fasma, ma come ho già detto, l’autotune a Sanremo no.
Bhe, dopo questa lettura totalmente personale aspetto i vostri commenti, che lo so che la musica è gusto, è emozione – anche se certe cose ragazzi dai non so come fate ma ok. La musica sono immagini e ricordi, quindi alla fine, se ci siamo emozionati anche ascoltando solo una canzone ieri sera, sarà valsa la pena. E poi io continuo a coltivare il mio sogno di andare a Sanremo.
Che sia per cantare – potrei piangere per sempre -, che sia per presentare – perché palesemente io potrei essere la direttrice artistica e la presentatrice migliore di sempre (togliendo Pippo Baudo ovviamente)– che sia piazzata in ufficio stampa a scrivere cose, io, all’Ariston, prima o poi ci vado. Ve lo prometto.
Nel frattempo fremo perché stasera arriva Oriettona Berti, che palesemente è la vincitrice di questo Festival.
Fiore
Ritengo che il Festival di Sanremo abbia fatto il suo tempo….ha perso quell’atmosfera che lo circondava nei suoi anni d’oro quando sono stati consegnati al pubblico le canzoni vincenti di grandi artisti, uno per tutti Massimo Ranieri……
Oggi ci sono i rapper ma di certo non rappresentano la canzone italiana.
Come ogni anno ci risiamo con i compensi molto alti che fanno rivoltare i contribuenti che li pagano con il loro canone (estorto dal messer fiorentino Renzi).
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Certamente la canzone italiana non è più quella di un tempo, ma io non credo che debba essere necessariamente un male. La musica è espressione ed è bello secondo me che i cantanti possano calcare quel palco così importante e storico ancora oggi, a prescindere dai gusti musicali. Certamente c’è anche un discorso politico ed economico dietro al festival di Sanremo, ma l’ho solo accennato di proposito, dando spazio invece ad altro, alla serata, alle emozioni e ai miei pareri – come avrei potuto notare in chiave leggera ed ironica – proprio perché erano la musica e la serata in generale il focus del mio discorso. 😊
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